domenica 7 dicembre 2008

Trekking della Sardegna - ultima tappa: Punta Salinas, Cala Goloritzè

PUNTA SALINAS - CALA GOLORITZE’ (difficoltà EEA)




La giornata non si presenta al meglio, sarebbe veramente un peccato fare questa escursione senza vedere i panorami, girano nuvole che nascondono il sole, la temperatura è di c.ca 21 gradi.
Decidiamo con la nostra guida Mariarosaria di partire comunque, le previsioni danno il tempo in netto miglioramento, saltiamo sui Land Rover e ci avviamo alla volta del Golgo, altopiano che si trova sopra il paese di Baunei e più precisamente in zona Bacu Maore.
Da qui iniziamo la nostra escursione sotto un cielo pieno di nuvoloni neri che continuano a minacciare acqua, ma noi non ci lasciamo intimorire e proseguiamo su creste, tra la macchia mediterranea, lecci, ginepri sino ad arrivare al “Coile Salinas”, uno splendido insediamento sotto una grotta naturale che lo rende unico nel suo genere: lateralmente è tuttora presente un tronco scalinato verticale che consente di raggiungere direttamente la sovrastante cima, è testimonianza tipica dei passaggi attrezzati dai pastori arrampicatori della zona.
Arrivati sulla cresta il panorama è immenso, sotto ai nostri piedi vediamo la cime della “Guglia di Goloritzè” e la spiaggia omonima con le sue acque trasparenti, sicuramente uno spettacolo indimenticabile. Intanto il tempo inizia a volgere al bello rendendo lo spettacolo ancor più affascinante..
Scendiamo verso nord-est sino a trovare un ginepro proteso nel vuoto, qui troviamo il primo dei tanti salti di corda doppia; la discesa ci mette in condizione di vedere le pareti sottostanti e l’ampio terrazzo del nostro atterraggio (30 mt sotto) in forte pendenza. Proseguiamo poi in ripida discesa sino a raggiungere un altro ginepro dove troviamo l’ancoraggio per il secondo salto, questa verticale in doppia di 35 mt, nella parte finale nel vuoto totale, ci fa giungere su una stretta costola rocciosa strapiombante sia a destra che a sinistra.
E’ inutile dire che il panorama è semplicemente indimenticabile, illuminato anche dal sole che rende le trasparenze e i colori del mare una tavolozza; sotto di noi si trovano una serie di pinnacoli e l’ultimo di questi è la “Guglia di Goloritzè”, ma il panorama spazia sempre su tutto il golfo di Orosei.

Siamo arrivati al passaggio più spettacolare ed emozionante del tragitto, si tratta di attrezzare una teleferica che ci consenta di passare appesi nel vuoto da una parete all’altra, evitando una disarrampicata e una arrampicata di IV° grado. Solo il primo dovrà passare arrampicando, assicurato da noi, per portare e tendere le corde della teleferica.


Passato questo emozionantissimo punto, ci affacciamo ad un parapetto in roccia per vedere l’altro salto; la valle a questo punto è così ampia che il salto sembra altissimo, in realtà le ns. due corde di 60 metri sono più che sufficienti per farci scendere in “Su Piggiu e Salinas” una cengia molto grande e boscosa.
Dalla cima di questo salto abbiamo avuto modo di vedere il resto della compagnia che scendeva alla cala dal sentiero normale; abbiamo cercato di chiamarli ma non ci hanno sentito, la concentrazione sul bagno in mare sicuramente li ha resi sordi.
Noi ci fermiamo a mangiare qualcosa e a riposarci un attimo, dopodiché riprendiamo il percorso scegliendo di fare la variante: anziché passare dalla sella risaliamo un breve tratto che ci porta ad una stretta gola tra pareti altissime e levigate dall’acqua, da qui un piccolo, ma solido frassino cresciuto dentro la roccia ci consente di fare una doppia di c.ca 20 mt totalmente nel vuoto e ci porta ad un bosco sottostante di oleandri. Ci troviamo praticamente sopra il famoso arco a mare di “Cala Goloritzè”, risaliamo verso sinistra e ci troviamo ad ammirare dalla base la maestosa “Guglia” un pinnacolo alto c.ca 160 metri dal livello del mare, svoltiamo a destra e scendiamo in spiaggia dove troviamo il resto del gruppo. Ci uniamo a loro per il bagno giornaliero.

La settimana purtroppo è finita, la nostalgia comincia ad avere il sopravvento, ci resta solo un pranzo tipico, veramente eccezionale, presso l’agriturismo “Paules” per poi recarci all’imbarco a Olbia.
Comincia la lunga attesa del 02 ottobre 2009, inizio della prossima settimana Sarda.
Piè

Trekking della Sardegna - Sette Cale, Selvaggio Blu

SETTE CALE con RIENTRO a SISINE da SELVAGGIO BLU (difficoltà “ EEA”).













Il tempo ci assiste con una splendida giornata di sole e una temperatura intorno ai 24/25 gradi . Ci accompagna per la prima volta Mariarosaria (Mario in gonnella, come lei dice): è una guida che questi luoghi li ha percorsi in lungo e in largo e li conosce come le sue tasche. E’ auspicabile affrontare questi posti con gente che li conosce, in quanto i sentieri non sempre sono segnati, le molteplici tracce di animali selvatici facilmente portano a sbagliare sentiero e questo può essere pericoloso.
E’ una escursione che mette assieme il pezzo più spettacolare e tecnico del trekking delle Sette Cale ed il pezzo più spettacolare e tecnico dell’ultima tappa di Selvaggio Blu. Infatti questa tappa del Sette Cale dovrebbe portarci a Cala Biriola, sempre incrociando Selvaggio Blu mentre noi scendiamo, prima di attraversare il bosco di Biriola, su Selvaggio Blu e ritorniamo a Cala Sisine, punto di partenza del trekking.
Di buon mattino ci rechiamo in barca con tutte le attrezzature a Cala Sisine, da qui una volta imbracati, prendiamo alla desta orografica della omonima codula un sentiero ripido che ci porta ad un ovile ricavato in una grotta, conosciuto come “Coile Piras” dall’ultimo pastore che vi ha dimorato.
Qua la nostra guida ci fa fare una variante a mare anziché portarci verso destra e risalire un ghiaione ripido, ci fa scendere a sinistra verso il mare, passando sulle famose “Scale e’Fustes” e tratti di bosco a macchia mediterranea e di ginepri, aggiriamo con un passaggio critico a picco sul mare “ Su Passu Malu”, una guglia assomigliante un dente di vampiro, risaliamo con pezzetti di arrampica (3° grado), passiamo da una parte all’altra della parete attraverso un buco naturale nella roccia e sempre risalendo il bosco raggiungiamo l’attacco della prima cengia di Plumare lunga c.ca 15 metri. Da questo momento viaggeremo sempre a c.ca 220/ 250 metri a picco sul livello del mare.
La cengia è attrezzata con una corda di acciaio e va superata con tecnica alpinistica, in quanto in certi tratti l’appoggio dei piedi è quasi inesistente; il sentiero diventa sempre più spettacolare ed affascinante: ci sono delle grotte e una in particolare è coperta di una terra rossa sottile simile al suolo di Marte; imponenti colonne stalagmitiche testimoniano un’era geologica più piovosa dell’attuale.
A questo punto troviamo la seconda cengia di Plumare, certamente la più impegnativa, stiamo passando su placche che presentano difficoltà di arrampicata di 6° grado, a 250 metri a picco su di un mare blu, verde, azzurro che ci invita ad un tuffo. Guardando a nord si vedono Cala Sisine, Cala Luna, tutta la costa di Gonone fino ad Orosei, Cala Liberotto e oltre, a Sud la scogliera porta sino a capo Monte Santu.
Meglio non distrarsi, la cengia è attrezzata con cordino di acciaio, è molto stretta e praticamente tutta nel vuoto, il passaggio più critico è l’aggiramento di uno spigolo dove veramente non si trova un appoggio per i piedi, bisogna passare in contrapposizione; Fatto questo, si entra in un piccolo terrazzo protetto da una pianta di fico, nata (per fortuna) dalla roccia, chissà come.
Da questo punto parte un’altra cengia molto meno impegnativa, non protetta, da fare con molta attenzione in quanto presenta un paio di passaggi critici; ci porta ad un ginepro; in certe situazioni quanto sono amati questi ginepri: hanno l’attrazione di una bella donna, viene voglia di abbracciarli, protesi nel vuoto; da qui con una calata in corda doppia da 35 mt atterriamo su un piccolo terrazzino, con un traversa di circa 7 mt da noi attrezzato con uno spezzone di corda, raggiungiamo un’altra “bella donna”, oserei dire pluricentenaria, e da qui atterriamo nel bosco di Biriola con una doppia spettacolare di 55 mt che si sviluppa per 10 metri in appoggio sulla roccia e per i successivi 45 ci lascia appesi totalmente nel vuoto come ragni legati al proprio filo di tela.
Qui ci prendiamo uno pausa per rifocillarci.
A questo punto inseriamo la seconda variante: anziché attraversare il bosco verso destra e scendere a Cala Briola, scendiamo di c.ca 30 mt di dislivello e incrociamo il sentiero di Selvaggio Blu; dobbiamo dire che ora il sentiero in questa parte è segnato e i passaggi che andiamo ad affrontare sono stati attrezzati: troviamo subito un tratto di arrampicata di c.ca 8 mt IV° attrezzato ed un traverso di 12 mt, a 120 mt a picco sul mare. Infatti guardando giù tra le gambe si vede uno scivolo (quasi un parco acquatico) che ci porterebbe direttamente in mare.
Passato questo ci si trova su una piccola cengia che ci porta all’attacco di due placche, sempre molto esposte nel vuoto (tranquilli, sotto c’è acqua) di IV° da passare in arrampicata; attraversiamo un piccolo bosco in lieve salita per arrivare all’attacco di una corda doppia di 35 mt che ci porta nel bosco di Cala Sisine, attraversiamo il bosco a mezza costa e recuperiamo l’ultima doppia di circa 25 mt, alla base di questa riparte il sentiero che passsando dal “Coile Piras” molto ripidamente ci porta a Cala Sisine.
A questo punto tutti in acqua a goderci quel mare che ci ha accompagnato per tutta la giornata; intanto il nostro amico Mario a nuoto recupera la barca, ancorata al largo, per il rientro.
A questa escursione ha partecipato un numero limitato del gruppo, compreso però come già detto il neofita delle doppie, Fiore il nostro cameraman.
Gli altri sono andati a piedi a Cala Luna lungo un sentiero ben segnato; quasi tutti sono anche tornati a piedi, invece qualche trekker (dal vocabolario inglese Ragazzini “uomo che procede su un carro trainato da buoi”) è rientrato a Cala Gonone non sul carro dei buoi, ma sulla nostra barca.
Piè

Trekking della Sardegna - Tiscali

TISCALI - VILLAGGIO NURAGICO (difficoltà E).
Giornata di brutto tempo: sino alle ore 8 30’ del mattino piove, poi smette e decidiamo di modificare il programma andando a Tiscali. Per fortuna però dopo dieci muniti di cammino il cielo si pulisce, il sole rende ancor più limpido l’azzurro e la temperatura raggiunge i 21 gradi.
Un gruppo ha preferito recarsi ai Grottoni ad arrampicare in falesia e qualcuno si è preso una giornata turistica per visitare Cala Gonone e Dorgali.
Il sentiero che porta a Tiscali è ben segnato, inizia con l’attraversamento del Flumineddu nella valle di Oddoene, si arrampica ripido su per “Sa scala Surtana” e poi in continua dolce discesa attraverso un bosco di lecci scende per poi risalire verso il monte Tiscali e l’omonima dolina all’interno della quale si trova il villaggio.
In questo tratto di sentiero è possibile in primavera fotografare delle rare orchidee selvatiche.
Il villaggio, non stanziale, era utilizzato come rifugio durante le invasioni subite dalla Sardegna. All’interno si trovano dei resti di capanne, il microclima particolare consente lo sviluppo di diverse piante, lecci, tassi; in particolare i terebinti, di solito cespugli, qui sono delle pianti enormi.
Sempre all’interno, da una finestra naturale spaccata nella roccia, si può vedere la valle di Lanaitu, l’altro accesso per arrivare a Tiscali, detto “passaggio segreto” perché non visibile dalla valle sottostante.

Trattandosi di una escursione breve, quando siamo scesi, siamo andati alla spiaggia di Cartoe a fare il bagno.
Piè

Trekking in Sardegna - Tavolara


Isola Tavolara (difficoltà “E”).

Anche in questa occasione la giornata che in un primo momento sembrava un po’ nebbiosa si è trasformata con l’ausilio del libeccio in una splendida e limpidissima giornata di sole con una temperatura di 23 gradi.
Partenza da Cala Gonone in macchina per la Baia dei Finanzieri, sotto Porto S.Paolo, traghetto che ci porta sull’isola Tavolara, una montagna che esce dalle acque marine fino ad innalzarsi nel cielo per 550 metri di altitudine.
Anche in questo caso la partecipazione è stata numerosa, salvo i soliti patiti della falesia.
Approdiamo su una splendida spiaggia, qualcuno si ferma per godersi il sole che nel frattempo si è alzato nel cielo e per una giornata di bagni.

I più temerari invece si sono arrampicati subito sul ripido sentiero che ha un passaggio su roccette. Superato il primo costone, con l’aiuto di un pezzo di corda, proseguiamo verso sinistra per un sentiero in quota che improvvisamente si inerpica nel canalone che porta alla cima. Purtroppo a c.ca 80 metri dalla cima abbiamo desistito in quanto salendo per il lato nord abbiamo incontrato delle rocce calcaree molto umide e scivolose; il calcare bagnato diventa scivoloso come una saponetta anche per le famose capre dai denti d’oro che abitano l’isola, infatti dove inizia il canalino finale ne abbiamo trovata una in decomposizione con l’osso del collo spezzato.

Comunque più si saliva più il panorama diventava immenso, lo sguardo spaziava dalle cime del Limbara ad Olbia a Porto Rotondo e alla Costa Smeralda e da Orosei al Supramonte di Dorgali e Orgosolo a Capo Monte Santu, uno spettacolo indimenticabile che non ci lasciava liberi per il ritorno tanto gli occhi erano attratti dalla bellezza del Creato. (FRATELLO ringrazia tuo PADRE).

Piè

sabato 6 dicembre 2008

Trekking Sardegna - Sa Portiscra

Sa Portiscra - giro degli ovili, (difficoltà “E”).
Splendida giornata di sole con leggera brezza e cielo di un azzurro stupendo; temperatura 21 gradi.
Escursione di defaticamento con la partecipazione di tutti (tranne qualcuno che ha preferito andare a provare ad arrampicare in falesia). Il percorso è vario: prevede la visita agli ovili restaurati e al villaggio nuragico di Or Murales, e poi conduce ad uno spettacolare belvedere sulla codula di Cala Luna.


Abbiamo avuto la possibilità di vedere da vicino un muflone sardo, mentre non abbiamo incontrato il cervo sardo. Siamo comunque stati soddisfatti, d’altro canto se ogni volta si vede sempre tutto quello che è previsto, si perde il fascino dell’incertezza; purtroppo mufloni e cervi non si mettono in posa per le foto.

Piè

Trekking in Sardegna - Codula di Fuili




Codula di Fuili (difficoltà “ E “ e “EEA”).
Si tratta di un banco di prova per tutti quelli che non hanno mai provato l’ebbrezza o meglio l’adrenalina delle corde doppie. Seguiti dai nostri esperti Miki e Tonio, anche quest’anno ci sono stati diversi neofiti che hanno voluto provare a scendere fino al mare lungo la codula, utilizzando le corde doppie e qualcuno di questi (vedi Fiore, il nostro cameramen) si è poi cimentato in altre due escursioni, molto impegnative.

La Codula di Fuili è una gola scavata dall’acqua nel calcare, con anse, strettoie tra alte pareti e salti da superare in corda doppia. Si percorre in discesa, per un dislivello di mt. 340 in parte superati con tre salti in corde doppie che vanno dai 10 ai 25 mt c.ca d’altezza. Alla fine si arriva sulla spiaggia della codula per il bagno giornaliero.
Piè

Trekking Sardegna Ololbissi - Cala Biriola




Ololbissi - Cala Biriola (difficoltà “ EE”).
Tutti hanno partecipato a questa stupenda e panoramica escursione, abbiamo avuto qualche problema di orientamento comunque risolto e qualche problema di indigestione di corbezzoli superato anche questo splendidamente dal ns. esperto Wladi: “Stai tranquilla …… che ti passa; se non sarà così, vuol dire che è il tuo momento…..amen”
Il percorso è segnato parzialmente e bisogna prestare attenzione nel tratto iniziale per il sovrapporsi delle tracce di animali; il dislivello sia in discesa che in salita (mt. 400 c.ca) seppur non proibitivo non è da sottovalutare perché in Sardegna i percorsi sono faticosi in quanto le caviglie sono sempre sollecitate nella ricerca dell’equilibrio.
Cala Biriola è una splendida spiaggia con il suo naturale ponte di roccia e il percorso è molto panoramico con splendide vedute sul mare. Abbiamo visitato un antico ovile in una posizione stupenda con veduta sul mare e sulle scogliere di Capo Monte Santu; purtroppo non abbiamo avuto la fortuna di osservare il Falco della regina che nel periodo estate/autunno spesso volteggia sopra le scogliere.
Piè

Trekking della Sardegna


L’idea del nostro amico Piè di organizzare il trekking in Sardegna arriva da molto lontano, più precisamene da una idea malsana, apparsa su una vecchissima rivista specializzata che descriveva l’attraversata della Sardegna da Cala Gonone alla penisola del Sinis in 12 giorni di cammino. Questo tragitto però non l’abbiamo mai fatto in quanto non percorribile, specialmente d’estate, come afferma il nostro esperto Mario.
Così nel lontano 1990 o giù di lì si iniziò con dei trekking giornalieri. Successivamente questi trekking divennero sempre più duri, in quanto duravano più giorni, si trattava di percorrere sentieri non segnalati, molto faticosi, si dormiva all’aperto e nello zaino si doveva portare acqua e cibo perché chi conosce la Sardegna sa che non c’erano rifugi attrezzati di appoggio.
Questa impostazione rendeva molto selettiva la partecipazione, per cui in questi ultimi anni abbiamo adottato un’impostazione che permettesse di partecipare a tutti anche ai non camminatori allenati: facciamo base a Cala Gonone con trattamento di mezza pensione e organizziamo delle escursioni giornaliere di varie difficoltà ed impegno fisico, dando a tutti la possibilità di vedere queste terre selvagge e nello stesso tempo stupende, indimenticabili.

Anche quest’anno dal 3 ottobre al 11 ottobre 2008 abbiamo organizzato il trekking con una partecipazione massiccia (eravamo in 24) e tutti hanno partecipato alle escursioni previste. Nel blog troverete una breve descrizione delle escursioni fatte e … anche qualche foto.

venerdì 22 agosto 2008

Tour del Monte Bianco, 6/12 luglio 2008 (seconda parte)

Trè le Champ – Les Houches (4° giorno)
Partenze da Les Frasserands (1350) in bus fino a Les Prax de Chamonix e poi in funivia (1060) fino allo Chalet de La Flégere (1871), Lac Blanc (2352), ritorno alla base della funivia e di nuovo in bus fino a Les Houches (1008). Pernotto.
Dislivello in salita mt. 481 (oltre a m. 811 di funivia) - Dislivello in discesa mt. 481 (1292 per chi scende a piedi)

La notte passa veloce, il sonno è leggero, la sveglia sempre mattutina. Dopo la solita abbondante colazione raggiungiamo la fermata del bus, con il quale raggiungiamo la partenza della funivia per La Flegere. Da qui dovremmo raggiungere la balconata panoramica del Brevent, ma all’arrivo della funivia ci viene detto che il sentiero è impraticabile e ci convincono a raggiungere il Lac Blanc. E’ la prima giornata veramente splendida: non c’è vento e il cielo è terso. Più volte lungo il sentiero che sale al lago ci fermiamo ad ammirare il massiccio del Bianco con tutte le sue cime e molti dei suoi ghiacciai, uno spettacolo indimenticabile. Salendo incontriamo di nuovo gli amici coreani. Al Lac Blanc arriva molta gente e dopo aver mangiato le nostre vivande ci sediamo sulla veranda panoramica del rifugio a bere in compagnia la solita birretta. Emanuele, affamato, inghiotte una omelette con pancetta. Ci tocca scendere. Incontriamo molti stranieri e qualche italiano. Io ho camminato tutto il giorno con gli scarponi in spalla e con i sandali ai piedi a causa delle numerose vesciche. Alla teleferica ci dividiamo: alcuni scendono a piedi (tra i quali Oscar che scende i circa ottocento metri in meno di un’ora, sarà la birra o il magnesio?) altri approfittano delle moderne comodità. Di nuovo in pullman fino a Les Houces dove dopo un breve percorso su strada asfaltata raggiungiamo un bellissimo albergo. Ci rifocilliamo, mangiamo e passiamo la serata tra una birra e un genepì prima di coricarci in comodi letti. Una giornata meno dura del previsto, molto utile a recuperare un po’ di forze.


Les Houches – Chalet du Truc (5° giorno)
Partenza da Les Houches (1003) funivia per Bellevue (1801), Chalet de l’Arc (m 1794), ponte metallico (1720), Col de Tricot (2120), Chalet de Miage (1559), Chalet du Truc (1720) discesa fino a Les Contamines-Montjoie (1164). Pernotto al rifugio CAF.
Dislivello in salita mt. 561 (+ 798 di funivia) - Dislivello in discesa mt. 1398

Dopo un breve tragitto all’interno dell’abitato di Les Houces raggiungiamo la funivia che ci porta a Bellevue, dove passa anche il Tramway du Mont-Blanc che porta fino al Nid d’Aigle. Ci è concessa un’altra giornata di sole. Procediamo spediti, prima attraverso un bel bosco e poi, dopo aver attraversato il torrente che nasce dal ghiacciaio di Bionassay sopra una passerella aerea (1720), risaliamo per verdi prati fino al Col de Tricot (m 2120), splendido belvedere sulla parete nord dei Domes de Miage. Dopo una breve sosta scendiamo a quota 1559, dove è situato un piccolo villaggio, lo Chalet de Miage. Troppo bello per non fermarsi a mangiare delle favolose fette di torta ai mirtilli bagnate con un ottimo vino bianco francese. Rinvigoriti nelle membra e nella mente risaliamo fino allo Chalet du Truc a quota 1720, dove sarebbe previsto il nostro pernottamento. In realtà scegliamo di proseguire, scendendo fino all’abitato di Les Contamines, attraverso un fitto bosco di abeti, per abbreviare il percorso di quella che sembra una difficile tappa prevista per il giorno seguente. Sostiamo presso il “rifugio” del CAF dove siamo accolti come se fossimo parte della famiglia dei gestori. Per la prima volta ci offrono della pasta fredda (purtroppo condita anche con senape molto forte) e un ottimo salmone in crosta con spinaci. Serata in libertà: c’è chi partecipa a iniziative folkloristiche in paese e chi resta nella baita a curare i propri piedi, comunque tutti soddisfatti della lunga, ma piacevole tappa ancora con tempo splendido.

Les Contamines-Montjoie– Col de la Croix du Bonhomme (6° giorno)
Contamine Mont Joie (1164) in macchina fino a Notre Dame de la Gorge (1210), La Balme (1706), Col du Bonhomme (2329), Col de la Croix du Bonhomme (2483). Pernotto presso rifugio CAF (2444).
Dislivello in salita mt. 1273 (+ 46 di macchina) - Dislivello in discesa mt. 39

Il bel tempo ci abbandona di nuovo e al risveglio ci aspetta cielo coperto con una leggera pioggerella. La gentile signora del rifugio ci accompagna con la sua macchina fino alla chiesa di Notre Dam de la Gorge (3Km). Da lì iniziamo la lunga ascesa fino al rifugio de la Croix du Bon Homme quota 2444, che raggiungiamo dopo aver superato il Col du Bon Homme. La tappa tutta in salita è faticosa e in parte ancora sotto la pioggia e i temporali. Nonostante tutto nel pomeriggio compare un po’ di sole che ci permette di godere di panorami diversi da quelli visti finora: più aspri e brulli, ma non meno affascinanti. Prima di cena una ventina di stambecchi si avvicinano al rifugio a pascolare.
Nel menù compaiono gli spaghetti alla carbonara e non resistiamo alla tentazione di ordinarli (il grana lo forniamo noi), nonostante il fatto che ci troviamo ancora in territorio francese; all’arrivo della teglia piena di spaghetti tutti i commensali presenti si girano stupiti a guardarli.
Durante la permanenza al rifugio Emanuele e Luciano fanno la conoscenza di un professore universitario di Washington con figlia di 10 anni (a cui abbiamo offerto un assaggio di spaghetti), con i quali si intrattengono in varie partite a scopa.
Alcuni temerari piazzano delle tende nelle vicinanze del rifugio e passano una nottata in balia dell’acqua e del vento dei temporali che si scatenano durante la notte.



Col de la Croix du Bonhomme – Rif. Elisabetta Soldini - Courmayeur (7° giorno)
Partenza da Croix du Bonhomme (2444), Col des Fours (2665), La ville des Glaciers (1789), Chalets des Mottets (1978), Col de La Seigne (2516), Rifugio Elisabetta Soldini (2200), lago di Combal (2050), in bus fino a Courmayeur (1226) – La Palud (1370).
Dislivello in salita mt. 948 (+144 in bus) - Dislivello in discesa mt. 1342 (+724 in bus)

Partiamo dal rifugio avvolti dalle nuvole e, dopo essere arrivati salendo al Col du Four (m 1665), scendiamo lungo una pietraia, sotto una pioggia torrenziale. Ben presto i sentieri si trasformano in piccoli torrenti fangosi. Nonostante tutto riusciamo a scendere fino a Le Ville Des Glacier (m 1789) per risalire fino allo Chalet de Mottets (m 1978) dove ci riscaldiamo con una tazza di the accompagnata da una fetta di torta e ci cambiamo gli abiti bagnati. Si riparte, finalmente senza pioggia e raggiungiamo il Col de la Seigne (m 2516) confine tra Francia e Italia. L’obbiettivo è raggiungere il rifugio Elisabetta Soldini, ma il tempo torna a cambiare, le previsioni sono pessime anche per il giorno seguente e decidiamo quindi di scendere a valle accorpando due tappe, nonostante la stanchezza. Sulla sinistra appaiono e scompaiono “Les Pyramides Calcaires”. Si scende ben oltre il lago del Miage per un lungo tratto anche su strada asfaltata che ci distrugge i piedi. Da lì prendiamo un pullman alle 5,20, che ci porta fino al piazzale di Courmayeur. Poi dopo un’ora di piacevole attesa (abbiamo perso la coincidenza), accompagnata da due pizze e la solita birra, prendiamo il pullman che ci riporta alla Palud, dove era iniziato il nostro Tour. Carichiamo le macchine e ci salutiamo velocemente perché riprende a piovere e il tempo inclemente ci perseguiterà anche lungo tutto il percorso di ritorno verso Milano.

Walter

Tour del Monte Bianco, 6/12 luglio 2008 (prima parte)

Non uno dei tanti scatti fotografici riesce a restituire la bellezza e le emozioni trasmesse dagli splendidi e sempre diversi panorami che si sono susseguiti durante il periplo del massiccio del Monte Bianco. Così è altrettanto difficile trovare le parole per restituire a chi non era presente i sentimenti, spesso alterni, che ci hanno accompagnato, passo dopo passo, minuto per minuto, durante il percorso: dalla preoccupazione della partenza per le incognite che ogni tappa può riservarti e per il tempo quest’anno tanto variabile, alla gioia ed al sollievo dell’arrivo, da quel rapporto di solidarietà reciproca che si instaura camminando insieme (basta uno sguardo, un voltarsi per vedere se ci sei, un allungarti un po’ di frutta secca o la borraccia dell’acqua, una battuta), ma anche all’ansia di non farcela che qualche notte mi ha preso soprattutto per la mia praticamente nulla preparazione fisica.
Quindi non mi resta che stendere un breve e forse un po’ pedante resoconto delle 7 giornate percorse in compagnia di Adriano, Emanuele, Luciano, Maurizio e Oscar (ai quali mi sono pienamente affidato) perché un giorno, rileggendolo, ci sia di aiuto a rammentare tutti quei momenti di vita “piena”, intensi come solo in montagna si riesce a trascorrere.


La Palud – Champex Lac (1° giorno)
Partenza in bus (ore 09.30) da La Palud arrivo 10.00 circa ad Arnouva in pulman (1759), salita al Col du Gran Ferret (2537), discesa a La Peule (2071) poi a seguire a Ferret (1700) arrivo ore 16.00, taxi fino al Relais d'Arpette (1627).
Dislivello in salita mt. 778 - Dislivello in discesa mt. 837

Partenza ore 6, in perfetto orario, dal parcheggio del mercato di Vimodrone. Arrivo alla Palud con tempo variabile, alle 9.30 partiamo con il pullman per il primo tratto della tappa e durante il percorso inizia già a piovere. Siamo obbligati a cambiarci sul pullman e ci incamminiamo sotto il primo temporale con indosso le nostre mantelle, tranne Luciano che si è portato un ombrellino. Saliamo fino al rifugio Elena (2062) tra continue schiarite ed annuvolamenti. Nonostante la pioggia non ci dimentichiamo di attivare il G.P.S.. Dopo una breve sosta ripartiamo dal rifugio Elena e raggiungiamo il Col Ferret a quota 2537 sotto l’acqua battente, lasciando alla nostra sinistra il ghiacciaio di Pre de Bar. Una breve schiarita ci permette di sostare qualche minuto al passo, ma riprendiamo la strada in discesa sotto un altro temporale. Il terreno è pieno di fango e per una scivolata ad Oscar si rompe anche uno dei bastoncini. Lungo il percorso incrociamo una baita (La Peule) dove riusciamo a rifocillarci con un buon the caldo, poi si riparte immersi nelle nuvole. Finalmente arriviamo al Relais d'Arpette nei pressi di Champax Lac, dopo un tratto di strada percorso a bordo di un taxi preso a Ferret. Il taxista ha una guida un po’ azzardata, ma ci porta fino al Relaise d’Arpette che, da programma, avremmo dovuto raggiungere con un altro tratto a piedi. Riprende a piovere per tutta la serata, ma ci solleviamo il morale con un’ottima cena a base di fonduta e prosciutto. La stanchezza si fa sentire e viene a tutti una gran voglia di ritirarsi, ma ci soffermiamo ancora un po’ in compagnia di un numeroso gruppo di sud coreani che cantano e suonano anche canzoni italiane.



Champex Lac – Col de la Forclaz (2° giorno)
Partenza dal Relais d'Arpette nei pressi di Champex Lac (1627) direzione Val d’Arpette, La Barme (2140), fino al passo della La Fenetre d’Arpette (2665), Alpe Vesevey (2096), Ourtiers (1715), arrivo al Col de la Forclaz (1526), pernotto all’Hôtel du Col De la Forclaz.
Dislivello in salita mt. 1038 - Dislivello in discesa mt. 1139 circa

Sveglia ore 6 e 20, qualcuno vorrebbe prolungare il riposo, ma la tappa si preannuncia dura. Dopo la colazione molti dei presenti imboccano strade diverse dalla nostra. Con qualche dubbio prendiamo il sentiero che con un dislivello di oltre 1000 metri ci porta alla Fenetre d’Arpette. Il tempo sembra inizialmente migliorare. In realtà dopo solo un quarto d’ora scoppia il temporale. Durante l’avvicinamento al passo (quota 2665) il tempo varia con velocità incredibile, non facciamo in tempo a togliere le ingombranti e fastidiose mantelle che dobbiamo ricoprirci frettolosamente sotto uno scroscio di pioggia. Le nuvole ci inseguono salendo dalla valle e ci accompagnano fino all’ultimo ripido tratto sotto il passo. I primi che raggiungono il passo si fermano per un breve riposo ma proprio mentre vengono raggiunti dagli ultimi del gruppo si alza un vento gelido che porta neve e grandine. Siamo costretti a ripartire perché il vento freddo diventa fastidioso. Scendiamo a rotta di collo con a lato il ghiacciaio du Trient. Il sentiero è pessimo e la discesa molto faticosa. Arriviamo stanchi e bagnati, dopo altri 1100 metri di discesa, a un piccolo ristoro: “Glacier” località Outiers. Durante la discesa dal passo l’ombrellino di Luciano viene “strappato via dal vento”. Finalmente il tempo migliora e proseguendo per un tratto in piano, lungo il quale scorre “la bisse”, una condotta d’acqua artificiale di circa 4 Km. (utilizzato da Emanuele e Maurizio per gare con barchette di foglie), arriviamo al Col de Forclaz, nostra meta, dove ci accoglie un forte vento. All’hotel del passo la cena è vergognosa: un piatto con un dito di zuppa di patate e delle ali di pollo con poca verdura come secondo, però le posate sono d’argento. Pessima anche la nottata a causa della stanchezza e degli scomodissimi letti con rete metallica.


Trient – Trè le Champ (3° giorno)
Partenza dal Col du Forclax (1526) - Peuty (1326), Les Herbegères (2033), Col de Balme (2191), Le Tour (1453), Montroc (1382), Les Frasserands (1350). Pernotto al Refuge Le Mulin.
Dislivello in salita mt. 865 - Dislivello in discesa mt. 1041 (200+841)

Al mattino il tempo sembra aprirsi e infatti la giornata tende al bello. Scendiamo fino a un piccolo paesino: Trient, per risalire nel bosco attraverso un ripido sentiero che ci conduce al Col de Balme; durante la salita ritroviamo i coreani incontrati nella prima tappa. Al colle ci aspetta un bellissimo panorama: la cima del bianco con in primo piano le “Aiguilles de Chamonix”, c’è un forte vento e ci infiliamo nel rifugio collocato a cavallo del passo. Alle 11,30 ordiniamo bistecche con patatine, birra e gazzosa per rifarci della scarsa cena della sera prima. Si riprende la strada verso il paese Mont Roc, alle base del ghiacciaio Tour, raggiungendo una funivia che viene utilizzata da Adriano e Walter, entrambi con problemi ai piedi, per scendere a valle. Il resto del gruppo, senza zaini continua la discesa a piedi. Raggiungiamo a piedi il rifugio Le Moulin: finalmente un ambiente molto accogliente. Prima della cena c’è anche il tempo per scendere ad Argentiere, una graziosa cittadina sotto l’omonimo ghiacciaio dove, dopo l’abituale bevuta di birra facciamo qualche spesa: c’è chi compra pasticcini, chi dei nuovi bastoncini e chi cerotti per i propri piedi malridotti. Tornati al rifugio Luciano si accorge di aver perso il cellulare e in compagnia di Maurizio deve tornare in paese a recuperarlo (alla birreria). Cena abbondante a base di insalata di pomodori, pollo e patate con porri.

Walter

martedì 3 giugno 2008

Week end al Denza ... grazie ad Antonio






Un fine settimana in alta quota: il tempo favorevole, la neve abbondante, la bella compagnia, una cima impagabile ci hanno permesso di trascorrere due giornate di forti emozioni.

Siamo partiti sabato in trenta per raggiungere il Rifugio Denza sotto la Presanella. Eravamo senz'acqua nel rifugio, ma l'acqua del torrente, bella gelata, è servita per lavare faccia e denti e preparare la zuppa d'orzo per la sera.

Domenica alle 5.00 sette temerari, Antonio, Irene, Maurizio, Luca, Marco piccolo, Marco grande e Cesare sono partiti alla conquista della cima della Presanella, 3558 mt. di altezza. I primi cinque sono arrivati in vetta, seppur in tempi diversi.

Gli altri della compagnia, partiti più tardi, hanno comunque raggiunto il pianoro ai piedi del ghiacciaio, gustando il piacere della risalita in un ambiente completamente bianco, sotto un sole caldissimo, osservando chi saliva in cordata sulla ripidissima parete nord e ascoltando le loro urla di entusiasmo durante la discesa con gli sci.

Qualcuno è rimasto a passeggiare intorno al rifugio, godendosi l'incontro con una marmotta, il rumore del torrente che scendeva dal ghiacciaio e, più lieve, quello del ruscello che finiva nel laghetto ghiacciato.

Ha organizzato tutto Antonio che ci ha dato la possibilità di trascorrere due giorni splendidi e per noi ... eccezionali.

Grazie, Antonio. E adesso, cosa ci proponi? Maurizio aspira al Cervino...
Rita, Susy e Maurizio
Le bellissime foto sono di Pietro.

mercoledì 14 maggio 2008

Una gita ... non programmata

Il Club Alpino Italiano di Vimodrone è sempre attivo, anche quando non ci sono gite in programma; il vero motivo per frequentare costantemente la sede è che quello è il luogo dove ci si confronta e nascono le idee per organizzare nuove escursioni più o meno impegnative. C’è poi da aggiungere che una serata in sede porta sempre il buon umore necessario per ricaricarsi ed affrontare le giornate in piena efficienza.
E’ così che ci si è organizzati per domenica 11/05/08, quando un gruppetto di undici persone si è avventurato in una splendida escursione in val Vertova. Dovevamo essere in una quindicina, ma tra defezioni per precaria condizione fisica o per poca fede (paura pioggia), il gruppo ... si è ristretto.
La val Vertova si trova all’inizio della valle Seriana a c.ca un'ora di macchina da Vimodrone e offre una escursione bellissima che si presta a diversa soluzioni. Può essere una tranquilla escursione su di un sentiero abbordabile da tutti, praticamente una larga mulattiera, oppure diventare una escursione, mai pericolosa, ma impegnativa dal punto di vista tempo e di conseguenza allenamento, in quanto passando dal bivacco Testa si può raggiungere la cima del monte Alben dopo c.ca 4 ore di cammino.
Noi domenica siamo partiti senza una meta precisa, abbiamo risalito, con il sole che ci scaldava, la valle, percorrendo il sentiero più bello ed affascinante, ricco di cascatelle, cascate e pozze d’acqua stupende (siamo stati fortunati in quanto, avendo piovuto parecchio di notte, il torrente era molto ricco d’acqua), finchè la pioggia ci ha suggerito, per motivi di sicurezza, di rientrare: infatti il sentiero già umido e scivoloso per se stesso, visto che attraversa una gola, è diventato ancor più scivoloso per la pioggia. Così non siamo arrivati alle sorgenti del torrente ed ai pratoni soprastanti, ma abbiamo potuto comunque ammirare la parte più spettacolare della gola.
I partecipanti sono stati molto contenti ed hanno tutti espresso il desiderio di ritornare per completare la visita di questa stupenda valle; lo faremo a breve, ovviamente con una decisione ... improvvisa, quindi ... vieni in sede.
Per chi non ha partecipato sarà un’occasione da non perdere (questo lo dico per chi non ha avuto fiducia nelle mie previsioni: quando dico che non piove, non piove ………….. poco).
Vi aspetto tutti in sede: iscritti, simpatizzanti, curiosi, interessati, ecc….
Ciao a tutti.
Piè






martedì 15 aprile 2008

Resoconto e impressioni della gita al RIFUGIO ROSALBA


Solo una parte dei partecipanti alla gita in Val Gargassa si sono presentati per la più impegnativa gita al RIFUGIO ROSALBA, ai quali, si sono aggiunti i noti professionisti Michele, Antonio e Ismaele.
Raggiungiamo di buon mattino Piani Resinelli e sul piazzale, dove parcheggiamo, effettuiamo i primi preparativi con una abbondante colazione nel bar prospiciente.
Incominciamo la gita con alcuni sbandamenti del “Presidente” per l’individuazione dell’inizio del sentiero.
Il problema viene risolto grazie all’intervento di una persona del luogo.
Il bel tempo della mattinata ci permette di effettuare la salita con la possibilità di godere splendide vedute del lago sottostante e delle cime innevate che ci attorniano.
In circa due ore e mezzo tutti i partecipanti raggiungono il RIFUGIO ROSALBA,
meno UNA, della quale diremo più avanti.
Qui si decide di fare un PIT-STOP di circa due ore per il rifornimento.
Finite le operazioni di riassetto dello stomaco si decide per il rientro.
Precisiamo che l’inizio della discesa come da tradizione viene accompagnata da canti propiziatori, tipo “Il merlo ha perso il becco”, ecc..
Purtroppo incominciamo la discesa con una fitta nebbia la quale ostacola il lavoro dei nostri fotocineoperatori Pietro e Fiorenzo.
Raggiunto il parcheggio viene svelato il mistero della mancanza di una partecipante.
La Rita è rimasta ospite da amici nella loro casa, ai Piani Resinelli.
Conoscendo le abitudini dei camminatori del CAI di Vimodrone, da saggia donna di cultura e con la benevolenza e l’ospitalità dei suoi amici, ha organizzato una abbondante merenda a base di torte e Prosecco per concludere “in gloria” la giornata.
P.S. Per la prossima gita ci auguriamo che Rita sia ospitata ancora da altri amici.
Angelo

lunedì 31 marzo 2008

Nel parco del Beigua in Liguria

In 50 ieri abbiamo percorso il sentiero che si snoda lungo la valle scavata dalla Gargassa nel parco del Beigua, in Liguria, in una valle geologicamente molto speciale, attraversando canyon e rocce sedimentarie, guadando il rio, tra i ciottoli ofiolitici, che sott’acqua danno all'acqua un colore verde intenso.




Siamo arrivati fino alle Case Vereira, un villaggio sorto intorno ad una vetreria ormai in completo abbandono. Abbiamo proseguito fino a raggiungere la sorgente sulfurea, dove in tanti abbiamo assaggiato quell'acqua dal sapore poco gradevole, ma dalla sicura efficacia curativa (non sappiamo di che tipo, ma questo è secondario).














Abbiamo mangiato al sole, finché qualcuno non ha pensato di mettersi a cantare ... e il sole è stato coperto da qualche nuvola ;-)))
Poi abbiamo ripreso il sentiero che sale e allora il panorama è diventato fantastico in un luogo davvero selvaggio, a tratti quasi "lunare".



Una bella escursione!

Grazie a Romeo, Aldo e Angelo, che avevano già perlustrato il percorso e ci hanno guidato senza esitazioni.
Adesso sarebbe bello imparare qualcosa di più sulle rocce insolite, inaspettate che abbiamo incontrato in questa escursione.
Rita

sabato 16 febbraio 2008

Una serata sul Denali Peak

Ieri sera insieme con Roberto Tremolada siamo saliti sulla cima più alta del continente nord americano, il McKinley, ed è stato proprio emozionante seguire lui e i suoi compagni dall'arrivo in aereo sul ghiacciaio fino alla vetta, passando da un campo base all'altro.
24 ore di cammino filate per partire dal campo 4, arrivare al 5, dove riposare un'oretta, per poi riprendere il cammino in piena notte, raggiungere la cima e ridiscendere al campo 4: non immaginavo che il corpo di un uomo potesse affrontare una cosa simile; e invece ce l'hanno fatta in tre.
Mi sono sempre chiesta perchè uno decida di affrontare un'impresa di questo genere. Ieri sera ho incominciato a darmi qualche risposta, quando ho sentito Roberto, dalla cima del Denali, senza fiato, stravolto dalla stanchezza dal freddo e dal vento, parlare della grande soddisfazione per esserci riuscito e del meraviglioso paesaggio che aveva intorno.
Credo di aver capito che il motore di tutto questo sia la sfida con se stessi e con i limiti che la natura ci impone, una sfida affrontata con grande determinazione e con una preparazione fisica durata anni.
E' stato un piacere incontrare Roberto.
Rita

http://www.caivimodrone.it/

domenica 20 gennaio 2008

Il CAI prepara il Falò

Come ogni anno gli uomini del CAI preparano il falò di Sant'Antonio. La giornata di sabato per loro è stata particolarmente faticosa! Sapevano fin dall'inizio che sarebbe stata così, eppure anche quest'anno l'hanno fatto.




Ripercorriamo qualche momento della preparazione della grande catasta di legna.






Questa è la fase più delicata: bisogna innalzare tre pali di 9 metri, già uniti fra loro con un perno alla sommità. La sforzo maggiore per sollevarlo viene eseguito da una Land Rover che tira la fune ancorata alla cima dei pali.






Poi l'impalcatura viene riempita con un lavoro continuo di accatastamento e ... inchiodatura. Quando il falò è pronto, qualcuno si arrampica ancora fino in cima per appendere il grande fantoccio che i bambini dell'Associazione Peter Pan hanno preparato sotto la guida di Maletti.








Alla fine: la foto.



Poi divampa il fuoco.







Rita